martedì, dicembre 14, 2010

Nella torre di Babele

Sul brevetto lo schiaffo europeo è stato ancora più duro del previsto. Ieri alla riunione dei ministri che si occupavano della questione sono stati 23 su ventisette i Paesi che si sono detti pronti a lanciare una "cooperazione rafforzata" per un brevetto europeo trilingue (inglese, francese e tedesco) in modo da tagliare fuori l'Italia e la Spagna con i loro veti.
(...)
L'idea di un brevetto comunitario che consentisse di ridurre i costi per la registrazione di un prodotto a livello europeo era stata accettata all'unanimità nel 2009 dopo un decennio di interminabili discussioni. Ma poi la Commissione ha cercato di far approvare un regime linguistico che riconosceva la possibilità di registrare i prodotti solo in inglese, francese e tedesco. Italia e Spagna hanno messo il veto ritenendo che questo sistema desse un vantaggio competitivo alle imprese di Francia e Germania (che registrano la metà dei brevetti).
fonte Repubblica

Da tecnico che lavora con normative europee e/o americane, che lavora con direttive europee posso ben capire l'idea di limitare le lingue, visto che nelle traduzioni a volte vengono messi dei termini ambigui che portano a incongruenze. Non a caso nella mia azienda dove il manuale della qualità è bilingue (italiano/inglese) una delle due lingue ha la prevalenza sull'altra in caso di dubbio.

La scorsa settimana l'ex ministro per il Commercio D'Urso spiegava la sua contrarietà alla proposta ed il veto anche con l'idea di non dare un precedente; immaginando che anche i prossimi bandi europei saranno modellati su queste tre lingue.
Può esser vero, ma come dimostrano le turbolenze valutarie e finanziarie di questi giorni è proprio la mancata unificazione dell'europa a portare sconquassi.
Il mercato unico è stato pensato proprio come un primo step di unificazione; non a caso fra Germania e Francia ci sono programmi per uniformare la legislazione fiscale e in pratica la Germania sta proponendo all'area euro la sua visione dell'economia (basso deficit e controllo ferreo dell'inflazione).
Ogni passo verso un unione non può che farci bene, a noi come paese, perché ci costringe a lasciare le rendite di posizione verso il mercato aperto.

E di rendite di posizione che l'Italia ha bisogno di liberarsi per poter tornare a correre

4 commenti:

Fabrizio ha detto...

Sono d'accordo sul merito, ma se la ratio era ridurre costi e burocrazia si sarebbe dovuto optare per l'uso del solo inglese (o del solo tedesco) così l'Europa, almeno per una volta, avrebbe veramente dato prova di unità e lungimiranza.
Aver incluso anche il francese dimostra ancora tutta la debolezza politica dell'unione.

Jakala ha detto...

Ad una persona che fa fatica a camminare non puoi chiedergli di mettersi a correre improvvisamente.

Se sono veri i dati che il 50% dei brevetti è fatto in francese e tedesco, in teoria l'altro 50% verrà scritto in inglese: comunque una semplificazione è stata fatta.

La prof ha detto...

L'unico che mi ha (parzialmente) convinto è stato Sabatini, presidente dell'Accademia della Crusca e bravissimo grammatico, perché ha parlato di linguaggi in termini di ricchezza (cominciare a cancellarne alcuni per legge impoverirebbe culturalmente l'Europa).
Poi ho sentito alcuni politici (francamente, non so nemmeno chi fossero): hanno fatto tutti un discorso di orgoglio nazionale (evabbè...), di perdita di prestigio (ah, sì, proprio quello abbiam ancora da perdere...), concludendo con questa frase assurda: se proprio vogliono semplificare, allora solo inglese.
E la trovo assurda non di per sè (come dici tu, è invece abbastanza sensata), quanto perché veniva proposta come ripicca contro francese e tedesco. Uno ha proprio detto: perché loro sì e noi no?, allora solo l'inglese!
Mancava che dicesse cicca, cicca, cicca[*] ed eravamo a posto.

[*]cicca, cicca, cicca qui da noi lo dicono i bambini quando vogliono fare dispetto a qualcuno... E il tono era quello!

Jakala ha detto...

Vero, perdere un linguaggio ci impoverisce, ma acquistarne un altro dovrebbe al contrario arricchirci.

In Italia la conoscenza dell'inglese è abbastanza decente nei laureati in materie tecnologiche, perché è già di fatto una lingua comune fra tutti; quindi l'obbligo è più simbolico che reale a fronte dei vantaggi offerti.
E per le piccole aziende che non hanno personale che lo usa, possono sempre vedere l'occasione per consorziarsi con chi ha del personale che lo parla o usare strutture che facciano le pratiche chiavi in mano.

Ecco il motivo cicca, cicca direi è la vera motivazione non ufficiale ovviamente